LA COMUNICAZIONE
Le parole, i gesti, le
espressioni del viso, ma anche un semaforo, una sirena, un quadro, una stretta
di mano, un cartello stradale rappresentano modi diversi di comunicare, cioè di mettere in comune, scambiare
informazioni e messaggi. La comunicazione
avviene per mezzo di segni che ciascuno di noi percepisce con i cinque sensi.
Un insieme di segni usati per comunicare costituisce un linguaggio. Esistono diversi tipi di linguaggio che possiamo
distinguere fondamentalmente in verbali e
non verbali.
I linguaggi non verbali
trasmettono messaggi attraverso suoni gesti, colori, immagini, luci,
espressioni del volto, etc.
I linguaggi verbali (dal latino verbum = parola) trasmettono messaggi
utilizzando segni linguistici, cioè
le parole (che possono essere formate da morfemi[1] liberi e indipendenti o da più morfemi legati, che, cioè, per formare
una parola, devono legarsi tra di loro).
CHE COSA E’ UN TESTO
L’etimologia della parola testo
richiama la sua origine latina: textum è infatti ciò che viene tessuto;
qualsiasi tessuto è costituito da un ordito (una sorte di base di
filamenti stesi secondo un preciso ordine predefinito) e da una trama
(l’insieme dei filamenti di diversa dimensione e di diverso colore che,
intrecciandosi con quelli che costituiscono l’ordito, danno luogo al disegno
che l’artefice vuole realizzare).
Nella comunicazione (l’attività
che ha per scopo il mettere in comune fra due o più interlocutori un messaggio)
possono esistere diversi tipi e diverse forme di testo.
Ci sono, infatti, testi orali,
testi scritti, testi musicali, testi gestuali e testi iconici (nei quali, cioè,
l’elemento fondamentale è la figura, sia essa colorata o no, fissa o in
movimento; fanno parte di questi: i quadri, gli affreschi, le statue, le opere
dell’architettura e dell’urbanistica, il cinema, la fotografia, etc.)
Tra le tipologie più comuni di
testo, quelle più frequenti sono le esposizioni scritta e orale.
Si è detto che il testo è
elemento essenziale della comunicazione: questa, però, può avvenire solo ed
esclusivamente se gli interlocutori coinvolti usano e si accordano su un
medesimo codice, cioè se esiste uno strumento comune e condiviso per
passarsi reciprocamente dati, informazioni, pensieri, idee, emozioni,
sentimenti, opinioni, etc.
E’ ovvio che, perché questa
condivisione sia efficace, è necessario che siano stabilite in forma chiara e
inequivocabile le “regole” che permettono che l’intreccio tra ordito e trama
risulti comprensibile a tutti coloro che di quel tessuto usano.
Tutti noi usiamo la lingua in
modo diverso, in relazione alle circostanze e agli scopi: raccontare, descrivere, informare, comandare, persuadere, invitare,
argomentare, etc. La lingua, pertanto, svolge diverse funzioni che si possono così sintetizzare:
-
funzione emotiva
(o espressiva): l’emittente esprime il suo stato d’animo. Es.: Andrea a
Claudia: “Finalmente ti vedo! Dov’eri
finita?”
-
funzione
conativa (o persuasiva): l’emittente invia un messaggio al destinatario per
convincerlo a fare qualcosa. Es.: L’insegnante agli alunni: “Forza ragazzi! Mettetevi al lavoro!”
-
funzione poetica:
chi parla o scrive è attento in modo particolare alla forma del messaggio, cura
la scelta delle parole, i suoni, il ritmo per suscitare emozioni, evocare
immagini in chi legge. Es.: Balaustrata
di brezza / per appoggiare stasera / la mia malinconia. (G. Ungaretti)
-
funzione
referenziale (o informativa): l’emittente vuole informare, riferire fatti o
circostanze. Es.: L’ufficio è chiuso per
sciopero del personale.
-
funzione fatica
(o di contatto): l’emittente vuole tenere sotto controllo il canale della
comunicazione. Es.: Pronto, pronto, sei
ancora in linea?
-
Funzione
metalinguistica: la lingua è usata per spiegarne le caratteristiche, come
avviene nei testi di grammatica o nei vocabolari. Es.: il = articolo determinativo, maschile singolare.
TIPOLOGIE DI TESTI VERBALI (scritti
e orali)
Si definiscono testi verbali
tutti quei testi che fanno uso del verbum, cioè della parola, sia in
forma scritta che in forma orale (dal latino os, oris = bocca).
Diamo importanza particolare ai
testi verbali perché essi, oltre ad avere le caratteristiche (condivise con gli
altri tipi di testo) di facile memorizzazione, uso frequente, semplice
comprensibilità, utilizzo comune, rapidità di comunicazione, sono dotati anche
di una maggiore efficacia per quel che riguarda la chiarezza e precisione.
A questo proposito non è male
ricordare quanto George Bernard Shaw, famoso e fondamentale autore irlandese
vissuto a cavallo tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, fa dire al
suo Shakespeare ne’ La dama bruna dei sonetti:
“Non
vi hanno detto che in principio era la parola, che la parola era presso Dio,
anzi, che la parola era Dio?”
Il linguaggio verbale è
certamente uno degli strumenti più efficaci per comunicare e, data l’importanza
che riveste nella quotidianità, è indispensabile padroneggiarlo con sicurezza,
sia quando parliamo sia quando scriviamo.
Quando parliamo adottiamo un
linguaggio più “libero”, meno vincolato alle regole grammaticali e sintattiche,
cioè un registro colloquiale: non per questo il nostro messaggio deve risultare
meno chiaro e coerente. Anche nella comunicazione
orale dobbiamo tener presenti alcuni elementi:
-
lo scopo:
informare, raccontare, persuadere
-
l’interlocutore:
la persona cui ci rivolgiamo
-
il contesto:
la situazione in cui avviene la nostra comunicazione.
Siano essi scritti oppure orali,
i testi verbali possono essere suddivisi in diverse tipologie o categorie, in
relazione alla loro struttura e/o alla loro funzione.
In relazione alla struttura i
testi verbali si possono suddividere, in modo assai generico, in testi
-
di poesia
-
in prosa.
I primi, quelli in poesia, sono
evidentemente riconoscibili dalla presenza di alcuni elementi caratteristici:
-
versi (cioè righe che generalmente non occupano
l’intero foglio nella sua larghezza)
-
strofe (non necessariamente presenti): raggruppamenti
di versi: ad esempio quattro versi rappresentano una quartina, tre una
terzina, due un distico, etc.
-
rima (non sempre presente): la fine di un verso può avere
lo stesso suono della fine di un altro; si possono avere disposizioni diverse
nelle rime: ad esempio la rima “AA” indica che identica sonorità hanno le
conclusioni di due versi, uno immediatamente successivo all’altro; la rima
“ABAB” indica che l’identità sonora sia tra versi non successivi ma
intervallati; etc.
-
si hanno ancora: chiasmi, anafore, enjambement, etc.
Fondamentale è, comunque, nella
poesia, la presenza di musicalità, che è data da un ben definito
ritmo e dalla scelta, dall’uso, dalla presenza di parole precisamente
individuate per questo scopo.
Si
distinguono da quelli poetici in primo luogo a livello visivo (quelli scritti)
poiché essi occupano l’intero spazio di un foglio di carta. Altri elementi che
li caratterizzano sono :
-
la discorsività
-
la presenza di frasi e periodi che non necessariamente
abbiano i ritmi e/o le lunghezze identici tra loro
-
l’assenza, tranne in rari casi precisi e funzionali
all’idea e alle intenzioni dell’autore, di rime, assonanze, consonanze
E’ invece
caratteristica comune con la poesia la presenza di ritmo, cioè di una modalità
di scansione del periodo tale da determinare in chi legge (o ascolta) modi
diversi di lettura, di approccio e comprensione del testo.
I testi
verbali, come già detto, oltre che in base alla loro struttura si
caratterizzano e differenziano anche in base alla loro funzione e/o scopo:
-
informare
-
descrivere
-
dare regole
-
sostenere idee
-
commentare
-
argomentare
-
convincere
-
raccontare, etc.
TIPOLOGIE
DI TESTO
Tipo
di testo
|
scopo
|
esempi
|
Testo descrittivo
(soggettivo e oggettivo)
|
Descrivere in modo oggettivo o soggettivo persone,
oggetti, luoghi
|
Testi a carattere tecnico-scientifico
|
Testo
informativo–espositivo
|
Fornire informazioni su un argomento
|
Manuali scolastici, relazioni, verbali, dizionari,
enciclopedie, avvisi, riassunti. Cronache giornalistiche
|
Testo narrativo
|
Fornire un racconto relativo a fatti o persone
|
Racconti, romanzi, biografie, interviste
|
Testo espressivo–emotivo
|
Esprimere sentimenti, sensazioni
|
Diari, lettere personali, confessioni
|
Testo argomentativo
|
Presentare un argomento, una tesi e sostenerli con prove
|
Articoli di fondo, arringhe degli avvocati, tesi di
laurea, discorsi politici
|
Testo interpretativo-critico
|
Esprimere il giudizio, l’interpretazione in merito a un
argomento, guidare alla comprensione di esso
|
Recensioni, commenti, saggi critici, pareri
giurisprudenziali
|
Testo regolativo
|
Fornire istruzioni, indicare comportamenti, obblighi,
divieti, norme da rispettare
|
Leggi, codici, regolamenti, manuali di istruzioni
|
Testo persuasivo
|
Convincere il destinatario del messaggio a fare qualcosa
|
Testi pubblicitari, volantini, inviti, testi
propagandistici
|
Regole fondamentali nella formulazione di un testo verbale
scritto:
-
correttezza (ortografica,
lessicale, morfologica, sintattica)
-
completezza:
l’argomento deve essere trattato in modo esauriente
-
ordine: il
testo deve seguire un “filo logico”
-
coerenza: le
informazioni non devono essere contraddittorie e vanno evitati i “salti” da un
argomento ad un altro.
Ai fini della chiarezza e della
coerenza, occorre dare un ordine logico all’esposizione:
-
collegare
tra loro i periodi, evitando di saltare bruscamente da un’informazione
all’altra
-
riunire le
informazioni utili
-
procedere per
gradi, partendo, ad esempio, dal generale per scendere al particolare.
Le tipologie testuali sopra esposte
rispondono ad una categorizzazione di tipo aristotelico estremamente comoda e
funzionale, ma forse troppo rigida.
Molto spesso i testi utilizzati in
particolare nelle professioni legali sfuggono a tale classificazione e sono,
invece, il risultato della somma, o meglio, della fusione osmotica e simbiotica
di due o più tipologie.
Qualche esempio:
-
un rogito notarile
unisce il testo espositivo, nella forma del verbale, e quello
descrittivo oggettivo
-
una citazione in giudizio unisce il testo espositivo,
nella forma della ricerca o della relazione, e quello regolativo prescrittivo
-
una sentenza unisce il testo espositivo, nella forma
delle ricerca o della relazione, a quelli argomentativo, interpretativo e
regolativo
-
una arringa unisce il testo espositivo a quelli
narrativo, argomentativo - persuasivo
-
etc.
Talora, per
arrivare alla precisione si rende necessario essere anche prolissi; il dono
della sintesi è assai raro e va comunque coltivato con assiduità esercitandola
anche in ciò che si ritiene banale.
[1]
Morfema: la minima unità
grammaticale isolabile di significato proprio. È composto di fonemi ed è portatore di un significato proprio e preciso, anche
se non autonomo rispetto agli altri morfemi.