SUL DANNO DEL
TABACCO di Anton Pavlovic Cechov, 1902
PERSONAGGI
IVAN IVANOVIC NJUCHIN, marito della propria moglie, direttrice di una scuola di musica e di un
collegio femminile.
La scena rappresenta il palcoscenico di uno dei
tanti circoli di provincia.
NJUCHIN (con lunghi favoriti, senza baffi, in un
vecchio frac liso, si muove maestosamente, fa inchini e si aggiusta il gilet)
Gentili signore e, in un certo qual modo, gentili signori. (Si pettina i
favoriti). È stato proposto a mia moglie che io tenessi qui una conferenza
popolare a scopo benefico. Che fare? Una conferenza, e conferenza sia, la cosa
mi è del tutto indifferente. Io non sono certo professore, sono estraneo alle
gerarchie accademiche, ma, ciononostante, già da trent'anni, senza interruzione,
dirò addirittura a danno della mia propria salute e tutto il resto, mi dedico
comunque a problemi di carattere scientifico, ragiono e scrivo persino, pensate
un po', articoli scientifici, vale a dire non esattamente scientifici, ma, se
mi scuseranno l'espressione, proprio come se fossero tali. A proposito, in
questi giorni ho redatto un articolo di enormi proporzioni dal titolo: Del
danno provocato da alcuni insetti. Alle mie figlie è molto piaciuto, in
particolare dove dico delle cimici, io l'ho letto e subito stracciato. Comunque
è del tutto indifferente, scrivi ciò che vuoi, ma senza l'insetticida il
problema non si risolve. Noi le cimici le abbiamo persino nel pianoforte...
Come argomento della mia conferenza odierna ho scelto, per così dire, il danno
che reca all'umanità l'uso del tabacco. Sono fumatore anch'io, ma mia moglie mi
ha ordinato di parlare oggi della nefasta influenza del tabacco, e quindi la
cosa non si discute. Del tabacco, e tabacco sia, per me è del tutto
indifferente; a loro, gentili signori, propongo di rapportarsi alla mia
presente conferenza con la dovuta serietà, altrimenti non se ne caverà nulla.
Chi fosse spaventato da un'arida conferenza scientifica, chi non l'apprezzasse,
può non ascoltarla e uscire. (Si aggiusta il gilet).Chiedo particolare
attenzione ai signori medici qui presenti, che potranno trarre dalla mia
conferenza molte indicazioni utili, visto che il tabacco, oltre alle sue
nefaste influenze, viene usato anche in medicina. Per esempio, se si chiudesse
una mosca in una tabacchiera, probabilmente creperebbe di esaurimento nervoso.
Il tabacco è, essenzialmente, una pianta... Quando tengo una conferenza, di
solito ammicco con l'occhio destro, ma loro non facciano caso; è l'emozione.
Sono una persona molto nervosa, parlando in generale, ma ad ammiccare ho
cominciato nel 1889, il 13 settembre, lo stesso giorno in cui a mia moglie
nacque, in un certo senso, la nostra quarta figlia Varvara. Tutte le mie figlie
sono nate il 13 del mese. Comunque (dopo aver guardato l'orologio),
considerando il poco tempo a disposizione, non esuleremo dal tema della
conferenza. Devo far loro notare che mia moglie dirige una scuola di musica e
un pensionato privato, voglio dire non un pensionato, ma qualcosa di simile.
Parlando fra noi, mia moglie ama piangere miseria, ma ha qualcosa da parte,
quaranta o cinquantamila, io invece non ho un copeco, non un centesimo, ma che
vale parlarne! Nel pensionato io costituisco il responsabile dell'economia
domestica. Penso alle provviste, controllo la servitù, annoto le spese, preparo
i quaderni, stermino le pulci, porto a spasso il cane di mia moglie, do la
caccia ai topi... Ieri sera era di mia competenza consegnare la farina e il
burro alla cuoca, dal momento che erano in programma le frittelle. Ebbene, in
poche parole, oggi, quando le frittelle erano già pronte, mia moglie è venuta
in cucina a dire che tre educande non le avrebbero mangiate perché gli si erano
gonfiate le ghiandole. E così è risultato che si erano preparate delle
frittelle in eccesso. Che cosa ordinate di farne? Mia moglie in principio ha
ordinato che fossero portate in cantina, poi, pensa e ripensa, dice:
"Mangiale tu quelle frittelle, spaventapasseri". Quando è di cattivo
umore mi chiama così: spaventapasseri, o aspide, o satana. Ma che satana sarò
mai io? Lei è sempre di cattivo umore. E io non le ho mangiate, bensì
inghiottite, senza masticarle, dal momento che ho sempre fame. Ieri, per
esempio, non mi ha fatto pranzare. "Dar da mangiare a te, spaventapasseri
- dice - non è il caso... ". Ma, però (guarda l'orologio), abbiamo parlato
un po' a vanvera, e ci siamo allontanati dal nostro tema. Continuiamo. Per
quanto loro ora ascolterebbero volentieri una romanza, o una qualsiasi
sinfonia, o un'aria... (Accenna una melodia). "Non batteremo ciglio,
nell'ardore dello scontro...". Non ricordo da dove è tratto... A
proposito, ho dimenticato di dir loro che nella scuola di musica di mia moglie,
oltre l'economia domestica, è di mia competenza l'insegnamento della
matematica, della fisica, della chimica, della geografia, della storia, del
solfeggio, della letteratura eccetera. Per la danza, il canto e il disegno mia
moglie percepisce un pagamento a parte, sebbene danza e canto li insegni io. La
nostra scuola di musica si trova nel vicolo dei Cinque cani, al numero 13.
Forse è per questo che la mia vita è così piena di disgrazie, per il fatto che
abitiamo al numero 13. Anche le mie figlie sono nate il giorno 13, e in casa
nostra ci sono 13 finestre... Beh, che farci! Per prendere accordi, mia moglie
la si trova in casa in qualunque momento, mentre il programma della scuola, se
vi interessa, è in vendita dal portiere a trenta copechi la copia. (Estrae di
tasca alcuni opuscoli).Se qualcuno è interessato posso provvedere io. Trenta
copechi la copia! Chi ne vuole? (Pausa).Nessuno ne vuole? Su, venti copechi!
(Pausa).Peccato. Già, la casa numero 13! Non mi riesce niente, sono
invecchiato, rincitrullito... Adesso sto facendo la conferenza, ho l'aspetto
allegro, ma dentro avrei voglia di gridare a tutta voce o di volar via chissà
dove al di là dei tre mari. E non mi posso sfogare con nessuno, ho persino
voglia di piangere... Loro diranno: le figlie... Quali figlie? Io parlo con
loro, e quelle non fanno che ridere... Mia moglie ha sette figlie... No, chiedo
scusa, devono essere sei... (Vivacemente).Sette! La maggiore, Anna, ha
ventisette anni, la minore diciassette. Gentili signori! (Si guarda
intorno).Sono infelice, mi sono abbandonato alle sciocchezze, alla miseria, ma
in fondo loro vedono in me il più felice dei padri. In fondo così deve essere,
e io non mi azzarderò a dire altrimenti. Se loro soltanto sapessero! Ho passato
con mia moglie trentatré anni e, posso dire, sono stati i migliori anni della
mia vita, non proprio i migliori, così in generale. Sono trascorsi, per farla
breve, in un felice istante, per quanto mi riguarda, che il diavolo se li
porti. (Si guarda attorno).Comunque, lei, a quanto pare, non è ancora arrivata,
non è qui, e si può dire qualunque cosa si voglia... Io sono terrorizzato...
terrorizzato quando lei mi guarda. Sì, dicevo: le mie figlie aspettano tanto a
trovar marito probabilmente perché sono timide, e anche perché non vedono mai
uomini. Mia moglie non vuole dare feste, ai pranzi non invita mai nessuno, è
una dama molto avara, irosa, litigiosa, per questo da noi non viene mai
nessuno, ma... posso confidar loro in segreto... (Si avvicina alla scaletta).Le
figlie di mia moglie le si può vedere nelle occasioni di festa grande, dalla
loro zia Natalja Semenovna, quella stessa che soffre di reumatismi e che va in
giro con quell'abito giallo a macchiette nere, come se fosse invasa dagli
scarafaggi. Là servono anche gli antipasti. E quando mia moglie non c'è ci si
concede anche questo... (Porta il pollice alla bocca, nel gesto di bere).Devo far
loro notare che io mi ubriaco con un solo bicchierino, e ciò mi mette l'animo
in pace ma mi procura anche una gran tristezza che non riesco ad esprimere a
parole; mi tornano in mente, chissà perché, gli anni giovanili, e vien voglia
di correre, ah se loro sapessero che voglia! (Divertito).Correre, lasciar
perdere tutto e correre senza voltarsi indietro... dove? Non importa dove...
purché si corra via da questa vita schifosa, volgare e meschina, che mi
trasforma in un vecchio, penoso stupidone; correre via da questa sciocca,
misera, cattiva, cattiva, cattiva spilorcia, da mia moglie, che per trentatré
anni mi ha tormentato, correre via dalla musica, dalla cucina, dai soldi di mia
moglie, da tutte quelle cose sciocche e volgari... e fermarsi da qualche parte
lontano lontano, in un campo e starsene immobile come un albero, come un palo,
come uno spaventapasseri, sotto il cielo aperto e tutta notte guardare la luna
che se ne sta quieta e splendente sopra di te, e dimenticare, dimenticare...
Oh, come vorrei non ricordare nulla!... Come vorrei strapparmi di dosso questo
vecchio frac abietto in cui trent'anni fa mi sono sposato... (si strappa di
dosso il frac) in cui regolarmente tengo conferenze a scopo benefico... Toh!
(Calpesta il frac).Toh! Sono vecchio, io, povero, penoso, come questo gilet con
la sua schiena lisa e spelacchiata... (Mostra la schiena).Non ho bisogno di
niente! Sono superiore e più puro di tutto questo, sono stato, tempo fa,
giovane intelligente, ho studiato all'università, sognavo, mi consideravo un
uomo... Adesso non ho bisogno di niente! Niente, tranne la quiete... tranne la
quiete! (Dopo aver guardato da un lato, indossa rapidamente il frac).Ecco
dietro le quinte c'è mia moglie... E arrivata e mi aspetta là... (Guarda
l'orologio).Il tempo è già passato... Se domanderà loro qualcosa, io prego di
dirle che la conferenza ha avuto luogo... che lo spaventapasseri, cioè io, si è
comportato dignitosamente. (Guarda di lato, tossisce). Sta guardando
verso di me... (Alzando la voce). Basandosi sul concetto che il tabacco
contiene in sé un terribile veleno, del quale ho appena parlato, non è
opportuno fumare in nessuna circostanza, e mi permetto, in un certo senso, di
sperare che questa mia conferenza sul danno del tabacco si manifesterà di
qualche utilità. Ho finito. Dixi et animam levavi!
Si inchina ed esce solennemente.